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L’Europa deve affrontare un profondo cambio di paradigma in questa fase. Anche il Consiglio europeo che si è tenuto il 21-22 marzo scorsi ha evidenziato la preoccupazione per il rischio di trovarci in tempi non troppo lontani sotto attacco della Russia. Analogamente è forte anche il pericolo segnalato da Mario Draghi di diventare completamente marginali sul piano economico e commerciale se non mettiamo in campo investimenti massicci per sostenere le transizioni green e digitale; e a questo si aggiunge la necessità urgente di garantire anche la sostenibilità sociale di queste transizioni.

Affrontare questo passaggio epocale per le nostre società, per le nostre opinioni pubbliche, per la nostra democrazia richiede strumenti europei che l’Unione europea non ha. È un fatto evidente, che la stessa Commissione europea ha evidenziato con chiarezza nella sua comunicazione sulle riforme e la revisione delle politiche necessarie in vista dell’allargamento resa pubblica il 20 marzo, alla vigilia del Consiglio europeo.

In questo quadro è particolarmente grave che il Consiglio europeo continui a rimandare la discussione sulla richiesta avanzata dal Parlamento europeo con il voto del 22 Novembre scorso di avviare una Convenzione per la riforma dei Trattati. Si tratta dell’unica proposta concreta in grado di sbloccare l’impasse in cui è attanagliata l’Unione europea, sia sul piano giuridico – perché le altre procedure semplificate contenute nei Trattati non possono essere utilizzate nei settori in cui è più necessaria una profonda riforma: la politica estera e di sicurezza e la difesa, il finanziamento dell'Unione, la nomina dei membri della Commissione europea, il rafforzamento dello Stato di diritto -; sia perché è l’unica procedura che permette una partecipazione democratica.

La Convenzione, con la presenza del Parlamento europeo e dei rappresentanti delle istituzioni nazionali ed europee, è il solo quadro in cui può emergere la consapevolezza che l’Unione europea ha bisogno non di singole riforme, ma di una riforma globale che faccia emergere una nuova forma di governo a livello europeo, effettivamente dotata degli strumenti (competenze, risorse, poteri) per agire negli ambiti in cui gli Stati membri non hanno più la capacità di agire efficacemente.

Anche il nostro Governo, pur dichiarando la necessità di costruire una difesa comune e di finanziarla con appositi eurobond, non coglie la dimensione della sfida. Lo dimostra il fatto che non ha voluto recepire, né discutere, la proposta avanzata dall’opposizione con una delle risoluzioni presentate in occasione del confronto parlamentare sulle comunicazioni in Aula della Presidente del Consiglio in vista della riunione del Consiglio europeo; questa risoluzione chiedeva, in uno dei punti che non sono stati recepiti dal Governo, proprio di favorire la riforma istituzionale dell’UE con l’avvio di una Convenzione, nel cui quadro la proposta degli eurobond – e di una riforma generale del bilancio, come pure evocato dalla Commissione europea – diventerebbe realistica e forte.

Pavia-Firenze, 27 marzo 2024


 

  


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